
07 Dic SULLA POSSIBILITÀ DI IMPUGNARE UNA DIFFIDA PROMANANTE DALLA PA
La comunicazione di avvio del procedimento svolge la funzione di far conoscere al privato l’esistenza di un procedimento idoneo a incidere nella sua sfera giuridica suscitando l’esercizio della partecipazione procedimentale mediante la presentazione di memorie e documenti che saranno valutati dalla P.A..
È noto che i provvedimenti della P.A. che non sono immediatamente e direttamente produttivi di conseguenze pregiudizievoli per il destinatario non sono impugnabili per carenza d’interesse.
La comunicazione relativa all’avvio di un procedimento amministrativo da parte della P.A., è un atto endoprocessuale e come tale, essendo insuscettibile di arrecare pregiudizio risulta di norma non impugnabile.
Sul punto la giurisprudenza amministrativa distingue tra diffide “in senso stretto” ed atti che, ancorché formalmente qualificati come diffide, sono tuttavia costitutivi di effetti giuridici sfavorevoli per i destinatari, come gli “ordini”.
Più in particolare, le diffide in senso stretto consistono nel formale avvertimento, indirizzato ad un soggetto tenuto all’osservanza di un obbligo in base ad un preesistente titolo (legge, sentenza, atto amministrativo, contratto) di ottemperare all’obbligo stesso.
L’ effetto delle diffide in senso stretto, pertanto, consiste nel far decorrere un termine dilatorio per l’adozione di provvedimenti sfavorevoli nei confronti dei destinatari che, nonostante l’intimazione, non hanno adempito al proprio obbligo.
Ne consegue che le diffide in senso stretto, per il loro carattere ricognitivo di obblighi preesistenti e per il fatto di non vincolare la successiva azione amministrativa, non sono immediatamente lesive della sfera giuridica del destinatario a differenza dei successivi provvedimenti sfavorevoli, che, come tali, sono atti immediatamente impugnabili.
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